C’è un tema che mi sta a cuore, relativamente poco sviluppato, che ho voglia di condividere. Il tema in questione è la visione e le sue immense potenzialità (e anche difficoltà, senza dubbio!).
Prima delle vacanze natalizie, a fine di un corso, un partecipante mi ha chiesto: “ma quando esattamente un manager inizia a diventare leader?” Una domanda che forse mi hanno fatto cento volte, ma c’è sempre un momento in cui ti fermi e la risposta, improvvisamente, diventa meno automatica. E così ti metti a pensare.
Di fatto credo che non sia un momento preciso, ma che si tratti di un processo che si attiva via via che assumi nuove responsabilità e che le sfide che affronti diventano più impegnative e articolate. Durante quelle fasi, ti cominci ad accorgere che 1) le persone che hai intorno – e non necessariamente solo i tuoi collaboratori – diventano una parte determinante del tuo lavoro. Ti accorgi che le tue competenze tecniche, il sapere che con tanta cura hai coltivato diventa un ingrediente necessario, ma non sufficiente del tuo successo. Anzi può diventare la tua trappola. Il percorso durante il quale avviene questo cambiamento è spesso tutt’altro che chiaro e lineare; è fatto di molti stop&go e a volte addirittura di vere e proprie battute di arresto. Credo che in questo viaggio, articolato e complesso, risieda molto del succo che poi definisce il come si diventa leader…o del leader che si diventa.
Si diventa quindi leader un po’ senza rendersene conto e un po’ continuando a porsi domande.Di fatto la leadership, a ben vedere, non è un percorso di certezze e sicurezze, ma, piuttosto, 2) un percorso dove il dubbio, la caduta, la fatica e anche lo smarrimento sono parti integranti del suo consolidamento. Per diventare leader si sperimenta, si prova, si cade, ci si rialza cercando un altro modo per riuscire. E le risorse a cui accedere sono molte, ma spesso, in prima battuta, non sono dentro di te, ma, invece, fuori.
Diventare leader, si dice, è un cambio di paradigma, un cambio di mentalità, una trasformazione. Perché questo avvenga occorre fare esperienza, occorre che avvengano delle cose che producano, nei nostri schemi mentali e comportamentali abituali, un qualche shock così da spingerci 3) fuori dalla abituale zona di comfort.
L’esperienza della ‘messa a fuoco della visione’ che da alcuni anni condivido con molti miei clienti raggruppa molti di questi stimoli.
Di cosa si tratta? È un approccio che prova a tenere insieme i 3 punti indicati sopra, ossia 1. Coinvolgere le persone; 2. Accogliere il dubbio e sperimentare; 3. Uscire dalla propria zona di comfort.
Spesso si pensa che la visione sia un concetto astratto, un tema etereo per un manager che deve realizzare obiettivi, che deve ‘fare’!
Invece io penso di no. Penso che proprio nella complessità e nell’indeterminatezza che viviamo, avere un sogno comune e condiviso al quale aspirare, per il quale impegnarci e condividere, sia importantissimo. Stiamo vivendo anni complessi dove l’ansia di sopravvivenza erode il valore del ‘come’ sopravviviamo. La qualità del come facciamo le cose, del come stiamo in relazione, di quali valori coltivare, proteggere e difendere, sembrano diventare riflessioni romantiche che non ti fanno mangiare e che quindi possono essere eluse.
Io invece penso di no. Anzi penso proprio il contrario e forse resterò da sola a coltivare queste idee romantiche. Io penso che un leader più che un solutore di problemi sia un creatore di contesti all’interno dei quali molti desiderino appartenere, penso che debba avere un ruolo centrale di ispirazione e che possa abdicare al suo ruolo di ‘portare di certezza’ per diventare invece un ponte attraverso il quale possano passare, canalizzarsi e contaminarsi idee, proposte, punti di vista, bisogni, valori di tutta la sua squadra e anche dei principali stakeholder con cui si interfaccia. Penso che un leader debba avere un sogno e coltivarlo, debba fare cose diverse, parlare e stare in contatto con gente diversa per sperimentarsi e cambiare il modo in cui vede se stesso, gli altri e le cose che gli stanno intorno. Questa trasformazione avviene attraverso contaminazione e non per un moto interno e basta.
Il lavoro sulla visione fa sperimentare tutto questo.
Sì. ma come?
1. Messa a fuoco dello stato desiderato
Il primo step è rendersi chiaro (a se stessi) qual è l’aspirazione che si ha rispetto alla missione che si sta portando avanti. Aspirazione in termini di cambiamento/sfida da fare, di gruppo da creare, di stile e valori. La domanda che per me è chiave è “per cosa vorrei essere ricordato una volta terminato questo lavoro?”.
Rispondere a questa domanda obbliga il leader ad andare oltre al semplice risultato, a considerare anche il ‘come’ vorrebbe che quel risultato venisse raggiunto.
2. Immagini e parole
Il secondo step è trasformare questa descrizione in un’immagine, un po’ come il gioco che si faceva da piccoli ”se fosse un animale, che animale sarebbe?” ecc..
In questa fase il leader, un mio collega disegnatore ed io proviamo a creare un’immagine evocativa che riassuma il concetto espresso dal leader (può essere un scalata in montagna, una traversata in barca a vela, la costruzione di un castello, un gruppo jazz). Qui la fantasia e la creatività, insieme alla passione, consentono di creare immagini stupende. Immagini che verranno poi raccontate con parole che aiutino a evocare nel disegno il senso e lo scopo di quello che il leader aspira a realizzare. I disegni hanno tutti uno stato attuale e uno desiderato con, nel mezzo, un ‘viaggio’ trasformativo. Potrebbe sembrare finito qui il lavoro, invece il meglio viene dopo.
3. Arricchimento e personalizzazione
Si invitano una serie di persone (che possono essere, i collaboratori, i colleghi di altre funzioni, i principali interlocutori, ecc.) e si presenta loro disegno e storia, si racconta l’aspirazione e si chiede a ognuno di loro di arricchirla con un contributo. Ciascuno può indicare cosa aggiungere, modificare, allargare, restringere: si modifica quindi il disegno originale che diventerà più ricco e articolato. Il leader stesso resta stupefatto della ricchezza che si può raggiungere e soprattutto da quel momento sarà la visione di tutti e non solo la sua! È possibile che il risultato finale sia completamente diverso dall’immagine iniziale, ma questo non è mai un problema…anzi!
4. Piano
A quel punto si definisce insieme come realizzarlo (competenze da sviluppare, tempo necessario, valori da condividere, possibile barriere esterne, ma anche interne al team stesso come le vecchie abitudini e alcune convinzioni limitanti).
Lavorare sulla visione attiva coinvolge e motiva le persone, abbatte le paure, allinea. Le impegna e le rende attori protagonisti.
A differenza di quanto si creda è un lavoro molto concreto e aiuta il leader nel suo viaggio di crescita personale e professionale.
Fonte: https://www.linkedin.com/pulse/ispirare-e-motivare-il-dilemma-del-leader-potere-della-elena-murelli