Qualche giorno fa mi è capitato di leggere un breve post di Oliver Burkeman intitolato “A che serve lamentarsi?”: come spesso accade non è ‘arrivato a caso’, ma l’ho intercettato proprio mentre stavo riflettendo sulle lamentele in azienda.
Nel mio lavoro spesso incontro persone che stanno soffrendo per una situazione che le rende profondamente insoddisfatte e, incapaci di uscirne, cominciano a utilizzare la lamentela per provare a inviare il loro ‘messaggio in bottiglia’.
Ho osservato che spesso, infatti, la lamentela è un prodotto: un risultato dell’incrocio infelice fra situazioni che non sono positive per la persona e l’incapacità della persona stessa di intervenire su di esse per provare a modificarle.
La lamentela è quindi un segnale di impotenza reale o percepita come reale dal soggetto che la vive. Attraverso la lamentela – che per altro viene condivisa con l’universo mondo, ma raramente con il vero oggetto della lamentela – la persona cerca di dire cosa non va e cosa vorrebbe di diverso, ma lo dice a caso, a interlocutori passeggeri, impegnati, affaccendati, presi da altre loro lamentele e quindi cade nel vuoto. Ecco perché la chiamo ‘messaggio in bottiglia’.
La possibilità che arrivi al vero destinatario è infatti remotissima e, se mai dovesse arrivarci, sarà tardi, il messaggio malconcio o illeggibile e chissà che fine farà!
Solitamente la lamentela è un momento passeggero, una modalità di sfogo che rende meno pesante una situazione di disagio o di fastidio. È un’azione catartica che dà un senso di alleggerimento rispetto al peso che in quel momento si avverte.
Infatti: cosa accade? Che se mi devo lamentare cerco di farlo proprio con le persone che ‘sento’ mi possano dare ragione e così mi rinforzo, mi cullo…. Difficile vedere chi ha da lamentarsi andare da chi la pensa in modo completamente diverso e meno ancora andare dal diretto interessato.
Ultimamente però, sto osservando che la lamentela può cronicizzarsi e contagiare chi si ha intorno.
L’elemento vittimistico contenuto nella lamentela erode poco per volta la capacità della persona di intravvedere nuove possibilità, la sua responsabilità personale di essere attore di cambiamento va via via a sparire, non produce più autonomamente energia, ma la sottrae agli altri perché la sua fonte interiore si è prosciugata: chiedendola agli altri involontariamente li contagia.
Per esempio immaginiamo una persona che non si trova bene con il proprio capo, di cui contesta lo stile, la preparazione, le scelte che fa.
Con chi comincia a lamentarsene? Tipicamente con i suoi colleghi di Dipartimento o Funzione. La lamentela molto spesso non parte da una fantasia, raramente è solo frutto del senso persecutorio di una persona, più facilmente ha un contenuto di verità rappresenta parte della realtà. Questo fa sì che le colleghe/i colleghi sull’oggetto del lamento possano riconoscersi almeno in parte e restituiscano al ‘lamentoso’ ciò che condividono, rinforzandolo e caricandolo di quell’attenzione ed energia che temporaneamente lo nutrono.
Se però il ‘lamento’ persiste, può facilmente succedere che ci cadano dentro anche le persone che continuano a sentirlo: improvvisamente punteranno molto più l’attenzione proprio sulle parti che non vanno del capo, cominceranno a sentire lo stesso disagio e lo stesso ‘gusto’ nel parlarne fra colleghi e molto più difficilmente a confrontarsi apertamente con lui o lei.
Ecco: questo meccanismo un po’ perverso attiva una spirale depotenziante che dilaga invece che contenersi o trasformarsi e diventa paradossalmente più facile (e tristemente divertente) continuare a confrontarsi su cosa non va invece di provare insieme a modificare al meglio la situazione. Si spendono ore a fare battutine, a sottolineare la reciproca esasperazione, ma nemmeno un minuto a provare a fare piani di cambiamento. Tutto l’ufficio finisce così in trappola! E senza accorgerci questo meccanismo diventa abitudine: in parte dà energia e dall’altra fa sprofondare in un sempre più profondo senso di impotenza.
La bottiglia, con il suo messaggio si arena su una spiaggia qualunque senza trovare il giusto destinatario!
Qual è quindi il finale di questa storia? Si può cambiare il senso della spirale portandola da down a up?
È sicuramente possibile che ciò accada, ma occorre un atto di volontà. Possiamo chiedere l’aiuto di tanti, ma i protagonisti del cambiamento saremo sempre e solo noi stessi.
Sai Baba faceva questa similitudine: “Un cane che entra nella sala degli specchi, e si avvicina alla sua immagine scodinzolando, vede mille cani che gli scodinzolano; se si avvicina ringhiando, vede mille cani che gli ringhiano. Così noi creiamo il nostro mondo!
Quindi, in sintesi:
- Consideriamo bene che le lamentele servono esattamente a creare altre circostanze per cui lamentarci ancora. Quindi… sospendiamole!
- Guardiamo fuori di noi, ma lavoriamo dentro di noi. Ciò che ci infastidisce, frustra, deprime esiste di sicuro, ma può essere modificato.
- Assumiamoci la nostra parte di responsabilità. Gli altri possono fare una serie di cose che ci urtano o ci fanno male ma, a meno che l’azione non sia proprio volontaria (ed è raro), il senso di fastidio o dolore ha a che fare con noi. È per come siamo fatti, per come pensiamo, per le cose a cui diamo valore che giudichiamo un comportamento ‘OK’ o ‘NON OK’. Quindi se è ‘roba nostra’ sta a noi provare a cambiarla.
- Condividiamo con gli altri per trovare forza e non per contagiare! I colleghi possono essere un’ottima risorsa per confrontarsi, ma con la finalità di provare a vedere insieme come affrontare il tema: potrebbe infatti essere utile affrontare insieme le difficoltà e cercare strade nuove nella strutturazione della relazione.
- Consegniamo la bottiglia e il suo messaggio direttamente all’interlocutore! Usiamo il feedback come vera risorsa della comunicazione. Impariamo a dire ciò che sentiamo al nostro diretto interlocutore e non ad altri. Una comunicazione costruttiva ben gestita e guidata consente di ottenere infiniti progressi nelle relazioni più complesse e permette di generare energia sicuramente più sana ed efficace.
- E se proprio non funziona e le divergenze sono profonde e sostanziali, trasforma il tuo senso di frustrazione in un nuovo progetto! Significa che tutto ti sta dicendo che sei pronto/a per una nuova fase della tua vita.
Fonte: https://www.linkedin.com/pulse/la-lamentela-messaggio-bottiglia-elena-murelli