di Vito Marcolongo
Nel lavoro quotidiano con imprenditori e manager arriva spesso il momento topico in cui un sopracciglio si alza quando a una logica di puro perseguimento del profitto si propone un purpose che includa il profitto all’interno di una più vasta dimensione di sostenibilità, non solo ambientale.
È, nella maggior parte dei casi, un riflesso condizionato che spesso sfocia in un vero e proprio rifiuto (“non siamo mica una onlus”) o in un’apparente condiscendenza dettata dal politically correct (“non sono convinto, ma è meglio mostrarsi aperti”).
Al netto di quegli imprenditori e manager – e non sono pochi – che hanno già compreso e intrapreso convintamente la strada del cambiamento, la contrapposizione tra profitto e sostenibilità è un falso problema che è bene porre nel contesto corretto. Volendo proprio cercare una contrapposizione potremmo trovarla tra la visione a breve e lungo termine.
Una delle prese di posizione più nette su questo argomento viene da Larry Fink di BlackRock, il più grande fondo di investimenti del mondo. Il CEO, in una recente intervista al The Guardian dichiara che il fondo si concentra sulla sostenibilità, non perché animato da ideologie ambientaliste, ma proprio perché è un soggetto capitalista che rappresenta gli interessi dei propri clienti. Passare quindi dal “capitalismo degli shareholder”, concentrato solamente sulla remunerazione degli azionisti, al “capitalismo degli stakeholder”, non è una presa di posizione politica, né la conseguenza di un’agenda sociale o ideologica: certamente non è frutto di atteggiamenti radical-chic. Citando letteralmente:
“È attraverso un efficace capitalismo degli stakeholder che il capitale viene allocato in modo efficiente, le aziende ottengono una redditività duratura e il valore viene creato e mantenuto a lungo termine. Non fatevi confondere: la giusta ricerca del profitto è ancora ciò che anima i mercati e la redditività a lungo termine rimane la misura in base alla quale i mercati determineranno in definitiva il successo di un’azienda”.
La sostenibilità ambientale si affianca alla consapevolezza che, grazie anche all’accelerazione impressa dal Covid-19, il mondo del lavoro deve cambiare e avere maggiore responsabilità nei confronti dei propri dipendenti. Il loro benessere passa anche attraverso una loro maggiore partecipazione alla creazione di ricchezza ottenuta dall’impresa (sempre parole di Larry Fink).
Il punto fondamentale è quindi come attuare i cambiamenti necessari a ottenere una redditività di lungo termine che coniughi la sostenibilità del business con la sostenibilità nelle tre dimensioni ESG: ambientale, sociale e di governance aziendale. Tale redditività è giusto che porti il profitto a crescere proprio come riconoscimento per aver saputo interpretare efficacemente le esigenze dei clienti e di tutti gli stakeholder.
Il percorso è senza dubbio impegnativo e deve tenere conto dell’inerzia del sistema che difficilmente riesce a cambiare direzione in modo improvviso, soprattutto sapendo che non si tratta di cambiare solo comportamenti marginali, ma spesso di entrare nel vivo del business e confrontarsi apertamente con l’appartenenza a settori intrinsecamente a bassa sostenibilità.
Questa consapevolezza dovrà necessariamente portarci a cercare un’evoluzione che gradualmente ma senza indugi (festina lente – affrettati con calma – è un tratto peculiare dell’approccio antifragile) attui la trasformazione aiutandoci a capire:
- Quali sono quei compromessi che ci permettono di rinsaldarci per consentire di migliorare e quelli che invece ci porteranno irrimediabilmente fuori strada, magari accontentandoci di fare un po’ di greenwashing?
- Come riusciamo a disegnare una road map virtuosa e mantenere la rotta?
In conclusione, da dove partire? Dallo scopo, dalla ragion d’essere (purpose) dell’impresa che, per definizione, è il senso profondo di ciò che vogliamo realizzare, il vero leader a cui fare riferimento nelle innumerevoli scelte che l’impresa si troverà a fare nella sua evoluzione, compresa quella – fondamentale – di misurare la redditività a lungo termine come criterio di successo.